Come la maggior parte dei borghi della Tuscia, anche Vitorchiano è abbarbicato su un alto sperone tufaceo dalle pareti ripide, quasi come sorretto da imponenti pilastri di roccia scura, che per secoli hanno garantito una difesa naturale. Solo il versante meridionale è protetto da mura medievali con la caratteristica merlatura ghibellina, detta “a coda di rondine” o “a forcella”. Si accede al borgo dal lato sud attraverso Porta Romana e ci si immette subito sulla strada centrale, via Arringa, così chiamata perché conduceva alla piazza principale, ove si tenevano gli “arenghi”, le riunioni dei cittadini. Su questa via si affaccia la chiesa della Ss. Trinità, detta anche di S. Amanzio, perché ne conserva le spoglie.
Impossibile non notare i numerosi stemmi ed iscrizioni sugli architravi di porte e finestre, che ci raccontano la storia della città: la più particolare è quella che recita “DEO VBIQVE HIIS IN TERRA PARENDVM EST” [bisogna obbedire a Dio ovunque, a loro (cioè i Romani) sulla terra], in ricordo della totale sottomissione a Roma, per cui Vitorchiano fu proclamata, nel 1267, “Terra fedelissima all’Urbe”. Fedeltà ribadita anche dalla presenza della Lupa Capitolina nello stemma cittadino.
Proseguendo si giunge nella centralissima Piazza Roma in cui sorgono il Palazzo Comunale con la relativa torre e la splendida fontana medievale “a fuso” (tipica dei borghi della Tuscia). Da qui, sulla destra, si può scendere per un sentiero che porta verso la valle sottostante (proprio qui fu girata una scena dell’Armata Brancaleone di Monicelli). A sinistra, invece, attraverso la porta detta “della Madonna della neve”, si accede al cuore del borgo, disseminato di “profferli” (la tipica scala esterna caratteristica della Tuscia) e vicoli pittoreschi, abbelliti con gran cura dagli abitanti.
Si giunge, infine, all’estremo margine della rupe dove due punti panoramici regalano una vista mozzafiato sul paesaggio circostante. La via principale prosegue ad anello per ricondurre a Piazza Roma, prima della quale è doveroso fare una sosta alla casa dove Santa Rosa, compatrona di Viterbo, avrebbe trascorso i giorni dell’esilio che precedettero la sua morte.
Arricchiti da tanto splendore, la nostra visita non finisce qui, perché manca la tappa più particolare ed insolita: a poche centinaia di metri dal centro storico, si giunge ad una terrazza panoramica che permette di apprezzare il profilo del borgo in tutto il suo fascino. Qui si erge maestoso un moai scolpito nel 1990 da undici indigeni maori dell’Isola di Pasqua, inviati dalla trasmissione televisiva “Alla ricerca dell’Arca” con lo scopo di riprodurre gli originali che si stavano deteriorando, e scelsero Vitorchiano proprio perché il peperino locale è la pietra che più assomiglia a quella dell’Isola di Pasqua. E, così, ce ne andiamo… con l’auspicio di buona sorte e prosperità regalatoci da questo gigante buono.
Vi aspetto per una piacevole visita guidata a Vitorchiano!!